La povertà e l’accattonaggio erano per la Santa una piaga sociale. Si doveva provvedere al risanamento sociale. Il metodo con cui intervenne, l’azione sociale che pose in essere viene definita “metodo bracelliano”. La carità strategica fu l’anima del metodo bracelliano. Ella non si fermò a costatare il fenomeno della povertà né volle proporre soltanto rimedi di circostanza. Della povertà volle e seppe individuare le cause e si attivò per rimuoverle, aggredendo alla radice soprattutto l’ignoranza, ovunque e sempre fonte di povertà e di miseria.
La sua elemosina erafinalizzata a garantire un futuro, nella convinzione che è il lavoro a permettere la realizzazione di sé e non il beneficio di un momento. Per questo soleva dire che “la carità migliore è il lavoro” e che a favore dei poveri “bisogna procacciar lavoro”. Chi poteva doveva lavorare, secondo le sue possibilità. Virginia tese all’indipendenza economica come a condizione di libertà. Non era ammesso per lei di vivere d’elemosina, di attesa. Per questo nessun tipo d’intervento veniva attuato a favore di chi non intendeva lavorare. A chi voleva continuare a vivere nell’indolenza e nell’accattonaggio venivano dati solo consigli ed inviti.
Quando, entrata nel novero delle Dame di Misericordia, le venne affidato un rione poverissimo, quello che gravitava intorno alla parrocchia del SS. Salvatore, visitò il quartiere e, nell’arco dellostesso mese, organizzò gli aiuti. I soccorsi furono mirati attentamente. Preparò, quindi, ed illustrò all’interno dell’associazione un vasto e dettagliato programma di azione strategica. Il rione contava ben 600 famiglie! Virginia si occupò soprattutto dei bambini e lavorò affinché fossero strappati alla strada, condotti a scuola e restituiti alla famiglia e alla società padroni di sé e del proprio destino. Con la collaborazione di Girolamo Serra, pensò e realizzò per loro scuole di assistenza specializzata. E questo metodo fu adottato anche dopo che Santa Virginia ed un gruppo di una quarantina di ragazze iniziò la nuova vita nel Rifugio di Monte Calvario. Qui, infatti, impose una severa disciplina interna e pagò alcune maestre affinché insegnassero alle ragazze le arti e i mestieri. Ella stessa si fece insegnante e guida spirituale. Sul trinomio preghiera, lavoro e comunione nacque così un’esperienza del tutto originale, tesa a restituire alla società donne rese mature e responsabili.
La riforma del Lazzaretto
Nel 1650, il Magistrato dei Poveri si rivolse a Virginia perché il suo gruppo si occupasse del Lazzaretto. Si trattaava di un ricovero di fortuna popolato, uomini, donne, vecchi e bambini che vivevano promiscuamente. Accolta a sassate e percossa e minacciata, non si arrese, ma riuscì a far rispettare i suoi Regolamenti. L’antico luogo, destinato ad accogliere i malati di peste, passata la contingenza, veniva usato per accogliere tutte le persone che avessero bisogno di un punto di riferimento. Ai tempi di Virginia, a causa delle tristi vicende, era diventato il covo della disperazione fatta violenza. Questa situazione, che si era fatta sempre meno tollerabile e più pericolosa, aveva spinto le autorità genovesi a chiedere l’intervento di Virginia la quale, lentamente, riportò in questa istituzione ordine e finalità. Ella provvide dapprima al guardaroba personale d’ogni ospite, si occupò poi delle cucine, aumentò e migliorò il vitto, assicurò l’abbondanza del pane. Soddisfatte queste prime elementari necessità, volle che tutti, secondo le forze e le capacità, si dedicassero al lavoro. Il ricavato veniva devoluto all’Ufficio dei Poveri che provvedeva alle spese necessarie.
Per spronare al lavoro serio e redditizio, suggerì ai responsabili dell’Ufficio dei Poveri di assegnare una percentuale ai lavoratori: suggerimento che venne accolto per quanto sulle prime fosse parsa cosa piuttosto rivoluzionaria. Virginia impiegò quattro anni nella riforma del Lazzaretto che infine tornò ad essere un’istituzione sana e serena. A questo suo metodo strategico, dunque, si ispirò anche nella riforma del Lazzaretto, per i cui ospiti volle lavoro e dignità. E caratterizzò qualsiasi altro tipo d’intervento di Santa Virginia. Oggi il metodo bracelliano è seguito, sull’esempio della Santa, dalle sue “figlie” sparse in Italia e nel mondo.