La chiave di interpretazione della vita di Virginia Centurione Bracelli, il suo carisma specifico, è il servizio ai poveri. Questo emerge con grande chiarezza dalle parole pronunciate a Genova dal Sommo Padre Papa Giovanni Paolo II nel giorno della sua Beatificazione, il 22 settembre del 1985. La vita di Virginia Centurione sembra svolgersi tutta alla luce di questo messaggio: rinunciare ai propri beni, al fine di servire ed accogliere gli umili, i mendicanti, di dedicarsi agli ultimi, alle persone più trascurate dagli uomini.

Rimasta vedova giovanissima, accolse l’invito del Signore a servirlo nei suoi poveri: “Voglio servire solo te”; questa era la parola di Virginia di fronte al Crocifisso. “Voglio che tu mi serva nei miei poveri”, fu la risposta del Signore. Virginia si dedicò dapprima alle fanciulle abbandonate della sua città, affincè non divenissero vittime, per la miseria sociale, di miserie morali ancor più umilianti. Al fine di assicurare loro quanto occorreva per una vita dignitosa, le ospitò dapprima nella sua casa, e si fece essa stessa, da nobile quale era, mendicante.

La passione per la carità la condusse pur in mezzo ad una società nobile, ricca, gelosa dei propri privilegi, ad imitare il Cristo, il quale “da ricco che era si è fatto povero per noi”. La meditazione del mistero del Calvario le permise di comprendere in modo concreto e fattivo il messaggio della sapienza del libro di Tobia: “Buona cosa è la preghiera con il digiuno e l’elemosina con la giustizia… meglio è praticare l’elemosina che mettere da parte l’oro”.

Fattasi dunque povera per amore di Cristo, vivente nei suoi poveri, Virginia diede vita ad un tipo di carità che non si riduceva al semplice soccorso, ma programmava un impegno di vera promozione umana. Volle fare il possibile per assicurare ai mendicanti condizioni sociali accettabili e non prive di futuro. Anticipò, così, genialmente, il senso moderno dell’assistenza, insegnando a mettere a frutto i doni della carità ed aiutando, con delicata pedagogia, l’indigente ad uscire dalla triste mentalità indotta dalla miseria, e a divenire responsabile di se stesso.

Ricercare i poveri per questo, anche a domicilio, nel cuore dei quartieri più umili e miserabili della città, fu impegno peculiare che riservò a se stessa quando guidò le “Dame” e le “Ausiliarie della Misericordia” a prestare il loro servizio ai bisognosi, poiché aveva compreso che la carità di Cristo non attende il misero, ma lo cerca, lo persegue nella sua indigenza, per puro amore.

Se ci domandiamo da dove provenissero la forza e il coraggio per una così grande dedizione e per il tanto lavoro, troviamo che al centro della sua vita operava la contemplazione del Crocifisso; il Gesù del Calvario, sempre presente, amato ed invocato specialmente nei momenti più critici della vita sua personale e di quella delle sue fondazioni. Con l’Apostolo Paolo, Virginia poteva dire: “Vivo nella fede del figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me”.